martedì 6 marzo 2012
Segnali di fumo da... Brescia e provincia
BRESCIAOGGI, 2 MARZO 2012
Energia & ambiente
Impianti a biomasse: cosa c’è dietro il boom
di Elia Zuppelli
Nel Bresciano gli impianti energetici a biomasse stanno registrando una crescita numerica esponenziale. Anche la richiesta di nulla osta per la realizzazione e la messa in attività di nuove strutture futuribili parla di un’impennata altrettanto forte e verticale. Ma le biomasse sono davvero la soluzione più idonea, strategica e sostenibile per disegnare il «domani» energetico del territorio padano, oppure si tratta di uno specchietto per le allodole dietro al quale si nascondono interessi legati agli incentivi economici implicati alla «combustione»?
Le posizioni in merito alla questione naturalmente viaggiano su binari opposti e divergenti, anche quando sul piatto della contesa sembrerebbe ipotizzabile una parvenza di oggettività. Un caso su tutti, quello della centrale di Rodengo Saiano: stessa area geografica, stessa tipologia di intervento, stessi dati analitici alla mano, eppure tesi a sostegno dei pro e dei contro che si infrangono di botto come se in realtà si trattasse di casistiche diversissime. Da una parte la coalizione dei «sì», con Cogeme in prima linea sulla prua del progetto realizzato da Paradello Ambiente e dal Gruppo Lgh. Dall’altra, il comitato spontaneo «No Centrale biomasse di Rodengo Saiano», che nonostante il via libera preliminare del Broletto sta perseverando nella sua strenua opposizione «ad un azzardo inutile, dannoso e anti-economico». Così - a fronte delle plausibili tempistiche per l’attivazione dell’impianto, che rimandano al prossimo dicembre - il versante organizzato dei «no» continua la mobilitazione su più fronti: in primis, mediante una raccolta firme; poi nei gruppi di sensibilizzazione aperti su Facebook, a completare l’antagonismo web innescato dallo sportello mail-informativo nocentralebiomassa@gmail.com.
Il comitato denuncia che le biomasse utilizzate per produrre energia rinnovabile saranno attinte anche all’estero? L’azienda risponde invece che utilizzerà solo legname autoctono. Il comitato fa leva sul fatto che si bruceranno legnami trattati? Cogeme risponde che l’impianto si servirà esclusivamente del verde attinto nelle isole ecologiche autoctone (erba, sfalci, rami, potature). E poi ancora: si tratta di buoni propositi millantati per il breve periodo o effettivamente il progetto terrà fede alle «mecche» energetiche del Nord Europa? Interrogativi in precario equilibrio bipartisan e - soprattutto - estendibili pressoché a tutte le analoghe realtà del bresciano.
Non a caso, secondo Marino Ruzzenenti di Legambiente, si tratta di un problema endemico, legato principalmente all’incomprensione di quelle che sono le reali esigenze biologiche della nostra pianura. «La vera emergenza del territorio padano riguarda le emissioni di polveri sottili (pm10) - ha evidenziato Ruzzenenti -. Allora perché ostinarsi a costruire impianti a biomasse che generano quantitativi di emissioni dieci-venti volte superiori a quelli di una centrale a turbogas?». Risposte che arrivano dai punti di domanda, per poi trasformarsi in puntini di sospensione: alimentati da Ruzzenenti, quando gli viene chiesto se dietro al «boom» delle biomasse si nasconda effettivamente anche qualcos’altro. Per ora parla solo di una «furba inefficienza». Ma l’impressione è che - mentre a Rodengo il Comitato si auspica un dialogo tra le parti in campo rispetto alla querelle della Centrale -, l’altro «dialogo», quello collettivo bresciano sulla sostenibilità energetica, sia invece ancora molto lontano.
I NUMERI
Una “lista d’attesa” che solca tutta la Bassa. Ventisei nuovi impianti a biomasse in «lista di attesa»: sono queste le nuove richieste in corso, che porterebbero - in aggiunta alle centrali già attive - ad un totale di 89 impianti su tutto il territorio provinciale, per una potenza elettrica prevista di 18.657,21 kWe. Sono 63 gli impianti a biomassa già autorizzati in provincia di Brescia (il dato è aggiornato al 14 febbraio scorso). Diverso il combustibile utilizzato nell’impianto: si va dalla biomassa legnosa vergine all’olio vegetale, dal biogas da discarica o da reflui zootecnici e biomasse agricole, ma anche a sottoprodotti quali glicerina e sfarinati di cereali, deiezioni bovine, letame, siero di altte [?] e trinciato di mais.
Offlaga è il paese con più impianti sul suo territorio: se ne contano infatti 6. Il paese è seguito in «classifica» da altri centri della Bassa bresciana come Montichiari e Verolanuova (4), Orzinuovi e Calcinato (3), Borgo San Giacomo, Leno, Lograto, Manerbio, Trenzano, Quinzano e Villachiara (2). Gli altri 29 Comuni bresciani (non solo della Bassa, ma anche della Valtrompia, della Valcamonica e del Sebino) ne hanno 1.
I 26 nuovi impianti gravitano ancora soprattutto sulla Bassa: due impianti a biogas da reflui zootecnici e biomasse agricole dovrebbero sorgere a Pontevico; due anche a Verolanuova (che ne conta già quattro) e a Verolavecchia. Quelli di Leno, Manerbio e Quinzano andrebbero ad aggiungersi ai due già esistenti in ogni paese.
LEGAMBIENTE
Ruzzenenti: «Un inutile crimine sul territorio». Terreni a fertilità zero, sostanze organiche largamente al di sotto dei limiti d’attenzione, agricoltori sul piede di guerra. È questo il quadro tutt’altro che lusinghiero tracciato da Marino Ruzzenenti di Legambiente intorno al «fenomeno» degli impianti a biomasse sul suolo bresciano. Diversi, secondo le sue osservazioni, i motivi delle inadeguatezze sistemiche legate allo sfruttamento di questo tipo di risorse energetiche, che proprio per la modalità con cui generano energia (mediante combustione) mostrano il fianco alle criticità più temibili. «Inquinano, innanzitutto - dice -. Per giunta senza determinare un’utilità che giustifichi lontanamente tale inquinamento».
Qualche numero? «In pianura servirebbe ridurre almeno del 50% le combustioni per rientrare nei parametri imposti dalla normativa dei 35 giorni: aumentarle, invece di diminuirle, equivale a commettere un crimine ambientale». Ma c’è di più: l’altro fattore che determina l’insufficienza e l’anti-economicità delle biomasse, per Ruzzenenti si evince dal rendimento energetico delle stesse: «È assurdo investire in impianti che al netto rendono il 10%, mentre tutto il resto dell’energia che producono finisce all’aria. Inquinandola, per giunta».
L’auspicio di Ruzzenenti è che il trend si inverta e miri al sostenibile. «Bisognerebbe dismettere tutte le biomasse e ricorrere a tecnologie serie, ad esempio, cominciando col ricoprire tutti i tetti della padana con pannelli fotovoltaici».
BRESCIAOGGI, 4 MARZO 2012
Sul “no alle biomasse” il confronto resta teso
Altra benzina sul fuoco della battaglia che il comitato «No centrale biomasse» a Rodengo Saiano sta conducendo da qualche settimana: stavolta, però, tra i due «fronti» ci si è messo di mezzo il Comune. Mentre la protesta preparava un infervorato week-end d’azione - ieri raccolta firme alla Coop di via Lombardia, oggi vicino all’edicola in via Brescia - ad attizzare i bollenti spiriti della falange d’opposizione all’impianto è stato un episodio che ha visto protagonista un cittadino di Rodengo. Voleva esporre temporaneamente uno striscione per dire «no» alla centrale, ma il «no» gliel’ha opposto la Polizia locale rifiutandogli l’autorizzazione, motivando che «il contenuto potrebbe avere finalità e scopi di natura politica, per la cui diffusione sono previsti appositi spazi di affissione».
Il Comitato non l’ha presa bene: «La nostra non è una lotta politica, bensì pura legittima difesa della nostra salute. E allora perché impedirla?» ha ribattuto stizzito il gruppo. Che al di là del gesto in sé, sembra aver particolarmente mal digerito la presunta incoerenza dell’amministrazione comunale di Rodengo «la quale - lamenta il comitato - anziché aprire un dialogo con la popolazione, si trincera dietro burocratiche disposizioni della Polizia locale per evitare il confronto. Il tutto dopo che nei giorni scorsi il sindaco Giuseppe Andreoli aveva definito i “no” come ‘rispettabili posizioni di chi non condivide la scelta di accendere l’impianto». Una scelta che a sentir loro nasce senza colore politico e associativo, ma con l’unico intento di manifestare totale contrarietà esclusivamente alle centrali a biomasse, che genererebbero «un effetto negativo sulla nostra salute e sull’economia della zona». Dove intanto l’exploit bresciano in materia (con l’impennata nei dati relativi alle richieste d’attivazione di nuovi impianti energetici a biomasse) sembra andare di traverso anche in zone diverse, ma per motivi analoghi. L’ultimo ceppo d’opposizione generatosi in ordine cronologico, riguarda infatti Gussago: anche lì, impazzano raccolta firme e proteste a voce alta contro un bruciatore di biomasse.
Energia & ambiente
Impianti a biomasse: cosa c’è dietro il boom
di Elia Zuppelli
Nel Bresciano gli impianti energetici a biomasse stanno registrando una crescita numerica esponenziale. Anche la richiesta di nulla osta per la realizzazione e la messa in attività di nuove strutture futuribili parla di un’impennata altrettanto forte e verticale. Ma le biomasse sono davvero la soluzione più idonea, strategica e sostenibile per disegnare il «domani» energetico del territorio padano, oppure si tratta di uno specchietto per le allodole dietro al quale si nascondono interessi legati agli incentivi economici implicati alla «combustione»?
Le posizioni in merito alla questione naturalmente viaggiano su binari opposti e divergenti, anche quando sul piatto della contesa sembrerebbe ipotizzabile una parvenza di oggettività. Un caso su tutti, quello della centrale di Rodengo Saiano: stessa area geografica, stessa tipologia di intervento, stessi dati analitici alla mano, eppure tesi a sostegno dei pro e dei contro che si infrangono di botto come se in realtà si trattasse di casistiche diversissime. Da una parte la coalizione dei «sì», con Cogeme in prima linea sulla prua del progetto realizzato da Paradello Ambiente e dal Gruppo Lgh. Dall’altra, il comitato spontaneo «No Centrale biomasse di Rodengo Saiano», che nonostante il via libera preliminare del Broletto sta perseverando nella sua strenua opposizione «ad un azzardo inutile, dannoso e anti-economico». Così - a fronte delle plausibili tempistiche per l’attivazione dell’impianto, che rimandano al prossimo dicembre - il versante organizzato dei «no» continua la mobilitazione su più fronti: in primis, mediante una raccolta firme; poi nei gruppi di sensibilizzazione aperti su Facebook, a completare l’antagonismo web innescato dallo sportello mail-informativo nocentralebiomassa@gmail.com.
Il comitato denuncia che le biomasse utilizzate per produrre energia rinnovabile saranno attinte anche all’estero? L’azienda risponde invece che utilizzerà solo legname autoctono. Il comitato fa leva sul fatto che si bruceranno legnami trattati? Cogeme risponde che l’impianto si servirà esclusivamente del verde attinto nelle isole ecologiche autoctone (erba, sfalci, rami, potature). E poi ancora: si tratta di buoni propositi millantati per il breve periodo o effettivamente il progetto terrà fede alle «mecche» energetiche del Nord Europa? Interrogativi in precario equilibrio bipartisan e - soprattutto - estendibili pressoché a tutte le analoghe realtà del bresciano.
Non a caso, secondo Marino Ruzzenenti di Legambiente, si tratta di un problema endemico, legato principalmente all’incomprensione di quelle che sono le reali esigenze biologiche della nostra pianura. «La vera emergenza del territorio padano riguarda le emissioni di polveri sottili (pm10) - ha evidenziato Ruzzenenti -. Allora perché ostinarsi a costruire impianti a biomasse che generano quantitativi di emissioni dieci-venti volte superiori a quelli di una centrale a turbogas?». Risposte che arrivano dai punti di domanda, per poi trasformarsi in puntini di sospensione: alimentati da Ruzzenenti, quando gli viene chiesto se dietro al «boom» delle biomasse si nasconda effettivamente anche qualcos’altro. Per ora parla solo di una «furba inefficienza». Ma l’impressione è che - mentre a Rodengo il Comitato si auspica un dialogo tra le parti in campo rispetto alla querelle della Centrale -, l’altro «dialogo», quello collettivo bresciano sulla sostenibilità energetica, sia invece ancora molto lontano.
I NUMERI
Una “lista d’attesa” che solca tutta la Bassa. Ventisei nuovi impianti a biomasse in «lista di attesa»: sono queste le nuove richieste in corso, che porterebbero - in aggiunta alle centrali già attive - ad un totale di 89 impianti su tutto il territorio provinciale, per una potenza elettrica prevista di 18.657,21 kWe. Sono 63 gli impianti a biomassa già autorizzati in provincia di Brescia (il dato è aggiornato al 14 febbraio scorso). Diverso il combustibile utilizzato nell’impianto: si va dalla biomassa legnosa vergine all’olio vegetale, dal biogas da discarica o da reflui zootecnici e biomasse agricole, ma anche a sottoprodotti quali glicerina e sfarinati di cereali, deiezioni bovine, letame, siero di altte [?] e trinciato di mais.
Offlaga è il paese con più impianti sul suo territorio: se ne contano infatti 6. Il paese è seguito in «classifica» da altri centri della Bassa bresciana come Montichiari e Verolanuova (4), Orzinuovi e Calcinato (3), Borgo San Giacomo, Leno, Lograto, Manerbio, Trenzano, Quinzano e Villachiara (2). Gli altri 29 Comuni bresciani (non solo della Bassa, ma anche della Valtrompia, della Valcamonica e del Sebino) ne hanno 1.
I 26 nuovi impianti gravitano ancora soprattutto sulla Bassa: due impianti a biogas da reflui zootecnici e biomasse agricole dovrebbero sorgere a Pontevico; due anche a Verolanuova (che ne conta già quattro) e a Verolavecchia. Quelli di Leno, Manerbio e Quinzano andrebbero ad aggiungersi ai due già esistenti in ogni paese.
LEGAMBIENTE
Ruzzenenti: «Un inutile crimine sul territorio». Terreni a fertilità zero, sostanze organiche largamente al di sotto dei limiti d’attenzione, agricoltori sul piede di guerra. È questo il quadro tutt’altro che lusinghiero tracciato da Marino Ruzzenenti di Legambiente intorno al «fenomeno» degli impianti a biomasse sul suolo bresciano. Diversi, secondo le sue osservazioni, i motivi delle inadeguatezze sistemiche legate allo sfruttamento di questo tipo di risorse energetiche, che proprio per la modalità con cui generano energia (mediante combustione) mostrano il fianco alle criticità più temibili. «Inquinano, innanzitutto - dice -. Per giunta senza determinare un’utilità che giustifichi lontanamente tale inquinamento».
Qualche numero? «In pianura servirebbe ridurre almeno del 50% le combustioni per rientrare nei parametri imposti dalla normativa dei 35 giorni: aumentarle, invece di diminuirle, equivale a commettere un crimine ambientale». Ma c’è di più: l’altro fattore che determina l’insufficienza e l’anti-economicità delle biomasse, per Ruzzenenti si evince dal rendimento energetico delle stesse: «È assurdo investire in impianti che al netto rendono il 10%, mentre tutto il resto dell’energia che producono finisce all’aria. Inquinandola, per giunta».
L’auspicio di Ruzzenenti è che il trend si inverta e miri al sostenibile. «Bisognerebbe dismettere tutte le biomasse e ricorrere a tecnologie serie, ad esempio, cominciando col ricoprire tutti i tetti della padana con pannelli fotovoltaici».
BRESCIAOGGI, 4 MARZO 2012
Sul “no alle biomasse” il confronto resta teso
Altra benzina sul fuoco della battaglia che il comitato «No centrale biomasse» a Rodengo Saiano sta conducendo da qualche settimana: stavolta, però, tra i due «fronti» ci si è messo di mezzo il Comune. Mentre la protesta preparava un infervorato week-end d’azione - ieri raccolta firme alla Coop di via Lombardia, oggi vicino all’edicola in via Brescia - ad attizzare i bollenti spiriti della falange d’opposizione all’impianto è stato un episodio che ha visto protagonista un cittadino di Rodengo. Voleva esporre temporaneamente uno striscione per dire «no» alla centrale, ma il «no» gliel’ha opposto la Polizia locale rifiutandogli l’autorizzazione, motivando che «il contenuto potrebbe avere finalità e scopi di natura politica, per la cui diffusione sono previsti appositi spazi di affissione».
Il Comitato non l’ha presa bene: «La nostra non è una lotta politica, bensì pura legittima difesa della nostra salute. E allora perché impedirla?» ha ribattuto stizzito il gruppo. Che al di là del gesto in sé, sembra aver particolarmente mal digerito la presunta incoerenza dell’amministrazione comunale di Rodengo «la quale - lamenta il comitato - anziché aprire un dialogo con la popolazione, si trincera dietro burocratiche disposizioni della Polizia locale per evitare il confronto. Il tutto dopo che nei giorni scorsi il sindaco Giuseppe Andreoli aveva definito i “no” come ‘rispettabili posizioni di chi non condivide la scelta di accendere l’impianto». Una scelta che a sentir loro nasce senza colore politico e associativo, ma con l’unico intento di manifestare totale contrarietà esclusivamente alle centrali a biomasse, che genererebbero «un effetto negativo sulla nostra salute e sull’economia della zona». Dove intanto l’exploit bresciano in materia (con l’impennata nei dati relativi alle richieste d’attivazione di nuovi impianti energetici a biomasse) sembra andare di traverso anche in zone diverse, ma per motivi analoghi. L’ultimo ceppo d’opposizione generatosi in ordine cronologico, riguarda infatti Gussago: anche lì, impazzano raccolta firme e proteste a voce alta contro un bruciatore di biomasse.
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