venerdì 19 dicembre 2008
Arpa, al servizio del cittadino
(dal BresciaOggi di venerdi 19 divembre 2009)
---
IL RETROSCENA. La procura già da due anni sta indagando sull’operato del dipartimento bresciano
---
Un’Agenzia sorvegliata speciale
ENRICO MATTINZOLI
di Pietro Gorlani
La clamorosa inchiesta dei Noe su un dipendente dell’ARPA-Brescia non è un fulmine a ciel sereno. La Procura di Brescia già da due anni sta indagando sull’operato del dipartimento bresciano dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, da un triennio oggetto di aspre critiche da parte di associazioni ambientaliste, istituzioni e politici. Tre le interrogazioni parlamentari in merito all’«inadeguatezza e alla scarsità dei controlli ambientali dell’ARPA Brescia»: la prima, indirizzata al ministro dell’Ambiente, il 13 luglio 2006, porta la firma di Stefano Cusumano dell’Udeur; in settembre arrivano altre due interrogazioni di Egidio Pedrini dell’Italia dei Valori. Prima ancora (giugno 2006) era stato il consigliere regionale di Prc, Osvaldo Squassina, a sollevare forti dubbi in una interrogazione all’assessorato regionale alla Sanità sulla reale efficacia dei controlli ambientali alle ditte inquinanti.PESANTISSIMI i contenuti dell’interrogazione dell’onorevole Cusumano all’allora ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio: «La politica dell’ARPA a Brescia e provincia ha prodotto la progressiva riduzione del controllo sul territorio, con il conseguente incremento degli illeciti ambientali». E ancora: «La provincia di Brescia ha anche il triste primato dei siti contaminati, oltre 140. Zone gravemente inquinate che potrebbero essere molte di più, visto che il laboratorio ARPA esegue le analisi di verifica con reattivi scaduti e strumenti non tarati. Anche l’acqua potabile potrebbe essere a rischio».Cusumano, allora presidente della commissione Agricoltura del Senato, raccolse una serie di dati allarmanti sulla gestione dell’ARPA Lombardia, ma soprattutto sulla sezione di Brescia: «Si osserva che la Regione Lombardia ha demandato all’ARPA il compito di istruire le pratiche delle Autorizzazioni integrate ambientali (Aia). La gestione di queste autorizzazioni, dovrebbe ovviamente essere affidata a personale professionalmente preparato. Invece ARPA Lombardia ha organizzato la gestione dell’Aia con personale interno scarsamente preparato ed affidando il carico delle valutazioni tecniche a giovani neo-laureati assunti a tempo determinato. Tale situazione gestionale determina di fatto un condono dei reati ambientali. I neo-laureati, assunti con contratti di precariato, subiscono pressioni quando evidenziano qualche carenza nelle aziende oggetto delle autorizzazioni: ai lavoratori precari viene fatto notare che se vogliono il rinnovo del contratto non devono sollevare grossi problemi». NON SONO STATE meno tenere le due interrogazioni (settembre 2006) dell’onorevole Pedrini (Idv) agli allora ministri della Giustizia (Clemente Mastella) e dell’Ambiente per chiedere delucidazioni in merito alla «creazione» di un posto da dirigente in ARPA Brescia e per fare piena luce sui ritardi e omissioni nelle quali incapperebbero certe inchieste ambientali aventi come oggetto importanti industrie bresciane. Su questo ultimo punto l’onorevole Pedrini chiedeva ai ministri di sapere a che punto era l’indagine congiunta di Carabinieri e Guardia di Finanza. Stando all’interrogazione presentata dall’onorevole Pedrini, l’ARPA Lombardia avrebbe favorito un suo dipendente, già impegnato in politica, creandogli ad hoc un posto da dirigente. «Nell’Agenzia di Brescia un dipendente dell’unità amministrativa (un impiegato amministrativo che aveva anche ricoperto ruoli nelle istituzioni bresciane) ha fatto una progressione di carriera alquanto particolare - spiega Pedrini nell’interrogazione-. La direzione dell’ARPA Lombardia ha istituito un nuovo posto "fantasma" di dirigente amministrativo per due dipartimenti di province (Bergamo e Brescia)».L’onorevole si spinge più in là: «Per giustificare la dirigenza l’unità amministrativa di Brescia ha avuto un incremento di personale, tuttavia risulta che l’unità amministrativa non sia tra le più efficienti, tanto che la Procura di Brescia ha avviato un’indagine proprio al fine di verificare perché non vengono protocollate alcune pratiche, perché altre vengono accelerate e altre ostacolate».Non è finita. A queste interrogazioni nel 2007 si sono aggiunte le interrogazioni dei consiglieri regionali Osvaldo Squassina (Prc) e Arturo Squassina (allora Ds, ora Sd), quelle dei consiglieri provinciali del centrosinistra (dicembre 2007) e le vibranti critiche mosse dalla Cgil di Vallecamonica sulla scarsità di mezzi e controlli in territorio camuno.DI MANCANZA di controlli ambientali hanno parlato lo stesso assessore provinciale all’Ambiente Enrico Mattinzoli e le associazioni ambientaliste di Brescia (il Forum Ambientalista e Cittadini per il riciclaggio) che avevano presentato anche un esposto in Procura sulla mancanza di controlli terra-aria nella zona dell’inceneritore e sull’eliminazione della centralina di via Bettole.La difficile situazione di ARPA Brescia è deducibile anche dal parossistico turn over dei suoi dirigenti: tre in meno di tre anni. Dal 17 marzo scorso direttrice è la bresciana Vanda Berna (una nomina interna) che ha sostituito Adriano Musitelli (ex direttore ARPA Bergamo), arrivato a gennaio 2008 e durato poco più di 70 giorni (ha preferito andarsene al comune di Milano, settore Viabilità). Prima di lui ci fu Antonio Dal Miglio (dal luglio 2005 al gennaio 2008) che fu mandato dalla sede di Milano a sostituire Luigi Filini, direttore dall’ARPA Brescia fino all’estate 2005.
---
L’INCHIESTA. Un 48enne di Brescia denunciato per peculato, truffa aggravata ai danni dello Stato e abuso d’ufficio al termine di un’indagine del Noe dei carabinieri«Consulenze» illegali:nei guai tecnico dell’ARPAdi Franco Mondini
Aveva un redditizio secondo lavoro come consulente di alcune aziende del Bresciano che aveva controllato per l’ARPA. Queste le conclusioni alle quali sono giunti i carabinieri del Noe, il Nucleo operativo ecologico, di Brescia, accertando che in un anno, aveva ricevuto complessivamente 100 mila euro per due consulenze. È stato denunciato e sospeso dal lavoro. Una leggerezza o il tentativo di coprire con i soldi le irregolarità?NEI GUAI un tecnico dell’ARPA, assunto nel 2001 con l’incarico di vigilanza e controllo. G.M., 48 anni, di Brescia è accusato di peculato, abuso d’ufficio e truffa aggravata ai danni dello Stato. Un’attività in contrasto con i propri doveri e ovviamente all’insaputa dei superiori.Grazie all’esperienza e alla posizione di dipendente ARPA sarebbe riuscito a convincere un paio di titolari di azienda ad accettare la consulenza ambientale, ovviamente ben retribuita. Proponeva il lavoro extra ai responsabili di aziende che doveva controllare. A tradirlo telefonate private, non di servizio, fatte con il telefono dell’ufficio o col cellulare dell’ARPA. Da qui l’accusa di peculato. Dalle tracce lasciate dalle telefonate per gli investigatori è stato facile risalire a chi aveva accettato la collaborazione.L’INDAGINE, coordinata dal pm Paolo Abritti e denominata «Amici miei», si è conclusa con una denuncia. Fondati i sospetti che fossero vere le «voci» che alludevano alla consulenza privata, decisamente ben corrisposta, di un dipendente dell’ARPA di Brescia. Dai numeri di telefono gli 007 del Noe sono risaliti ai titolari delle ditte che hanno confermato di aver accettato la consulenza. Il gip Maria Paola Borio ha disposto l’immediata sospensione dal lavoro del tecnico ARPA, che stipulava contratti privati violando le norme in conflitto con i suoi doveri. Una condotta - se provata - fraudolenta. Non carcere, non arresti domiciliari, solo sospensione dall’attività con denuncia, in attesa che le indagini proseguano e del processo. Se condannato il tecnico perderà il lavoro. Chi ha indagato fa chiaramente capire che l’indagine non è da ritenersi conclusa. Il numero delle aziende che hanno avuto come consulente il 48enne bresciano potrebbe anche aumentare. Sono in corso accertamenti incrociati: ricostruiti i movimenti di denaro, sentiti i titolari delle aziende che G.M., anche in passato, ha controllato per conto dell’ARPA di Brescia. Non si esclude che le consulenze siano state più di due. Non si ipotizza il coinvolgimento di altri dipendenti dell’Agenzia regionale per protezione dell’ambiente.LE REAZIONI. Per le verifiche il Noe di Brescia ha potuto contare sulla collaborazione dei vertici ARPA. L’ARPA Lombardia «conferma la propria disponibilità a collaborare con gli organi inquirenti, come avvenuto in ogni situazione in cui le è stato richiesto, e confida nell’attività della magistratura affinché venga fatta al più presto chiarezza sull’accaduto». L’ARPA sottolinea che le attività dei dipendenti sono improntate sulla massima trasparenza.
---
IL RETROSCENA. La procura già da due anni sta indagando sull’operato del dipartimento bresciano
---
Un’Agenzia sorvegliata speciale
ENRICO MATTINZOLI
di Pietro Gorlani
La clamorosa inchiesta dei Noe su un dipendente dell’ARPA-Brescia non è un fulmine a ciel sereno. La Procura di Brescia già da due anni sta indagando sull’operato del dipartimento bresciano dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, da un triennio oggetto di aspre critiche da parte di associazioni ambientaliste, istituzioni e politici. Tre le interrogazioni parlamentari in merito all’«inadeguatezza e alla scarsità dei controlli ambientali dell’ARPA Brescia»: la prima, indirizzata al ministro dell’Ambiente, il 13 luglio 2006, porta la firma di Stefano Cusumano dell’Udeur; in settembre arrivano altre due interrogazioni di Egidio Pedrini dell’Italia dei Valori. Prima ancora (giugno 2006) era stato il consigliere regionale di Prc, Osvaldo Squassina, a sollevare forti dubbi in una interrogazione all’assessorato regionale alla Sanità sulla reale efficacia dei controlli ambientali alle ditte inquinanti.PESANTISSIMI i contenuti dell’interrogazione dell’onorevole Cusumano all’allora ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio: «La politica dell’ARPA a Brescia e provincia ha prodotto la progressiva riduzione del controllo sul territorio, con il conseguente incremento degli illeciti ambientali». E ancora: «La provincia di Brescia ha anche il triste primato dei siti contaminati, oltre 140. Zone gravemente inquinate che potrebbero essere molte di più, visto che il laboratorio ARPA esegue le analisi di verifica con reattivi scaduti e strumenti non tarati. Anche l’acqua potabile potrebbe essere a rischio».Cusumano, allora presidente della commissione Agricoltura del Senato, raccolse una serie di dati allarmanti sulla gestione dell’ARPA Lombardia, ma soprattutto sulla sezione di Brescia: «Si osserva che la Regione Lombardia ha demandato all’ARPA il compito di istruire le pratiche delle Autorizzazioni integrate ambientali (Aia). La gestione di queste autorizzazioni, dovrebbe ovviamente essere affidata a personale professionalmente preparato. Invece ARPA Lombardia ha organizzato la gestione dell’Aia con personale interno scarsamente preparato ed affidando il carico delle valutazioni tecniche a giovani neo-laureati assunti a tempo determinato. Tale situazione gestionale determina di fatto un condono dei reati ambientali. I neo-laureati, assunti con contratti di precariato, subiscono pressioni quando evidenziano qualche carenza nelle aziende oggetto delle autorizzazioni: ai lavoratori precari viene fatto notare che se vogliono il rinnovo del contratto non devono sollevare grossi problemi». NON SONO STATE meno tenere le due interrogazioni (settembre 2006) dell’onorevole Pedrini (Idv) agli allora ministri della Giustizia (Clemente Mastella) e dell’Ambiente per chiedere delucidazioni in merito alla «creazione» di un posto da dirigente in ARPA Brescia e per fare piena luce sui ritardi e omissioni nelle quali incapperebbero certe inchieste ambientali aventi come oggetto importanti industrie bresciane. Su questo ultimo punto l’onorevole Pedrini chiedeva ai ministri di sapere a che punto era l’indagine congiunta di Carabinieri e Guardia di Finanza. Stando all’interrogazione presentata dall’onorevole Pedrini, l’ARPA Lombardia avrebbe favorito un suo dipendente, già impegnato in politica, creandogli ad hoc un posto da dirigente. «Nell’Agenzia di Brescia un dipendente dell’unità amministrativa (un impiegato amministrativo che aveva anche ricoperto ruoli nelle istituzioni bresciane) ha fatto una progressione di carriera alquanto particolare - spiega Pedrini nell’interrogazione-. La direzione dell’ARPA Lombardia ha istituito un nuovo posto "fantasma" di dirigente amministrativo per due dipartimenti di province (Bergamo e Brescia)».L’onorevole si spinge più in là: «Per giustificare la dirigenza l’unità amministrativa di Brescia ha avuto un incremento di personale, tuttavia risulta che l’unità amministrativa non sia tra le più efficienti, tanto che la Procura di Brescia ha avviato un’indagine proprio al fine di verificare perché non vengono protocollate alcune pratiche, perché altre vengono accelerate e altre ostacolate».Non è finita. A queste interrogazioni nel 2007 si sono aggiunte le interrogazioni dei consiglieri regionali Osvaldo Squassina (Prc) e Arturo Squassina (allora Ds, ora Sd), quelle dei consiglieri provinciali del centrosinistra (dicembre 2007) e le vibranti critiche mosse dalla Cgil di Vallecamonica sulla scarsità di mezzi e controlli in territorio camuno.DI MANCANZA di controlli ambientali hanno parlato lo stesso assessore provinciale all’Ambiente Enrico Mattinzoli e le associazioni ambientaliste di Brescia (il Forum Ambientalista e Cittadini per il riciclaggio) che avevano presentato anche un esposto in Procura sulla mancanza di controlli terra-aria nella zona dell’inceneritore e sull’eliminazione della centralina di via Bettole.La difficile situazione di ARPA Brescia è deducibile anche dal parossistico turn over dei suoi dirigenti: tre in meno di tre anni. Dal 17 marzo scorso direttrice è la bresciana Vanda Berna (una nomina interna) che ha sostituito Adriano Musitelli (ex direttore ARPA Bergamo), arrivato a gennaio 2008 e durato poco più di 70 giorni (ha preferito andarsene al comune di Milano, settore Viabilità). Prima di lui ci fu Antonio Dal Miglio (dal luglio 2005 al gennaio 2008) che fu mandato dalla sede di Milano a sostituire Luigi Filini, direttore dall’ARPA Brescia fino all’estate 2005.
---
L’INCHIESTA. Un 48enne di Brescia denunciato per peculato, truffa aggravata ai danni dello Stato e abuso d’ufficio al termine di un’indagine del Noe dei carabinieri«Consulenze» illegali:nei guai tecnico dell’ARPAdi Franco Mondini
Aveva un redditizio secondo lavoro come consulente di alcune aziende del Bresciano che aveva controllato per l’ARPA. Queste le conclusioni alle quali sono giunti i carabinieri del Noe, il Nucleo operativo ecologico, di Brescia, accertando che in un anno, aveva ricevuto complessivamente 100 mila euro per due consulenze. È stato denunciato e sospeso dal lavoro. Una leggerezza o il tentativo di coprire con i soldi le irregolarità?NEI GUAI un tecnico dell’ARPA, assunto nel 2001 con l’incarico di vigilanza e controllo. G.M., 48 anni, di Brescia è accusato di peculato, abuso d’ufficio e truffa aggravata ai danni dello Stato. Un’attività in contrasto con i propri doveri e ovviamente all’insaputa dei superiori.Grazie all’esperienza e alla posizione di dipendente ARPA sarebbe riuscito a convincere un paio di titolari di azienda ad accettare la consulenza ambientale, ovviamente ben retribuita. Proponeva il lavoro extra ai responsabili di aziende che doveva controllare. A tradirlo telefonate private, non di servizio, fatte con il telefono dell’ufficio o col cellulare dell’ARPA. Da qui l’accusa di peculato. Dalle tracce lasciate dalle telefonate per gli investigatori è stato facile risalire a chi aveva accettato la collaborazione.L’INDAGINE, coordinata dal pm Paolo Abritti e denominata «Amici miei», si è conclusa con una denuncia. Fondati i sospetti che fossero vere le «voci» che alludevano alla consulenza privata, decisamente ben corrisposta, di un dipendente dell’ARPA di Brescia. Dai numeri di telefono gli 007 del Noe sono risaliti ai titolari delle ditte che hanno confermato di aver accettato la consulenza. Il gip Maria Paola Borio ha disposto l’immediata sospensione dal lavoro del tecnico ARPA, che stipulava contratti privati violando le norme in conflitto con i suoi doveri. Una condotta - se provata - fraudolenta. Non carcere, non arresti domiciliari, solo sospensione dall’attività con denuncia, in attesa che le indagini proseguano e del processo. Se condannato il tecnico perderà il lavoro. Chi ha indagato fa chiaramente capire che l’indagine non è da ritenersi conclusa. Il numero delle aziende che hanno avuto come consulente il 48enne bresciano potrebbe anche aumentare. Sono in corso accertamenti incrociati: ricostruiti i movimenti di denaro, sentiti i titolari delle aziende che G.M., anche in passato, ha controllato per conto dell’ARPA di Brescia. Non si esclude che le consulenze siano state più di due. Non si ipotizza il coinvolgimento di altri dipendenti dell’Agenzia regionale per protezione dell’ambiente.LE REAZIONI. Per le verifiche il Noe di Brescia ha potuto contare sulla collaborazione dei vertici ARPA. L’ARPA Lombardia «conferma la propria disponibilità a collaborare con gli organi inquirenti, come avvenuto in ogni situazione in cui le è stato richiesto, e confida nell’attività della magistratura affinché venga fatta al più presto chiarezza sull’accaduto». L’ARPA sottolinea che le attività dei dipendenti sono improntate sulla massima trasparenza.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento